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carlo scodanibbio: scritti ed articoli
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PRODUZIONE A FLUSSO: PERCHE' E COME ATTUARLA
by Carlo Scodanibbio per "Industry Today"
Journal of the Malta Federation of Industry
Realizzare un tipo di produzione " a flusso" é, o perlomeno dovrebbe
essere, un obiettivo primario per l'industria manifatturiera di oggi.
Il concetto base, parte integrante della disciplina della Fabbricazione Snella,
é ben noto, e si comprende anche molto facilmente: produrre a flusso
significa far sì che il flusso dei materiali attraverso le varie tappe
del processo produttivo sia fluido, lineare, regolare (e perfino
continuo), e senza accumulo di stock di prodotto o semilavorato.
Sono meno note le implicazioni connesse con l'attuazione di un sistema
produttivo del genere, e le ragioni per cui esso dovrebbe essere
impostato con tali caratteristiche.
Lo stock é un altro punto di confusione: la produzione a flusso viene
spesso intesa come produzione senza stock, ed il "senza stock" é
interpretato come pre-requisito e pre-condizione per far produzione in
tal guisa.
il concetto
Per chiarire questi ed altri punti controversi, esemplifichiamo al
massimo il concetto utilizzando un paragone opportuno: non il più
spontaneo, e cioè quello di un fiume, o di un canale, ma bensì quello
di una tubazione.
Sotto le giuste condizioni (pressione, diametro del tubo, bassa
rugosità della parete interna, ecc.) il flusso di un liquido in una
tubazione é lineare, regolare, continuo, e senza turbolenza. Se poi
immaginiamo che, invece di avere un flusso per gravità (o creato da una
pompa a monte della tubazione), ci sia una pompa aspirante a valle
della tubazione medesima, che quindi "succhi" liquido, il paragone é
completo e perfettamente centrato.
La Produzione a Flusso é infatti lo sviluppo attuale del criterio produttivo "pull" ("tirato", opposto al criterio "push", o "spinto"), in base al quale i parametri produttivi sono impostati il più a valle possibile , ed idealmente dal mercato (".....the ocean pulls the river...."
dicono i Giapponesi: "....l'oceano tira il fiume...."), o comunque in
linea con la domanda del mercato ("....produci oggi quello che il
mercato ti ordina oggi....").
Il paragone é appropriato in tutte le situazioni reali: nel caso del
processo continuo, come ad esempio in una centrale elettrica od in una
raffineria, la pompa gira 24 ore su 24; nel caso di sistema produttivo "Line" o "Batch",
la pompa gira all'unisono con gli ordini piazzati dai clienti; nel caso
di situazione multiprodotto, possiamo immaginare varie tubazioni in
parallelo, ciascuna convogliante un liquido diverso, azionate da
altrettante pompe prodotto (gli ordini dei clienti per prodotti
diversi); il paragone calza anche in situazioni progettuali (ad esempio
cantieristica), di tipo prettamente "pull". Infine possiamo
rappresentare il sistema di fornitori e terzisti dell'Impresa con
altrettante tubazioni di afflusso che convogliano il loro liquido
(materie prime, prodotti commerciali, semilavorati....) nella tubazione
principale (la nostra fabbrica): ed é ancora la tubazione principale
(il sistema produttivo considerato) che aspira liquido dalle tubazioni
affluenti, aumentando gradualmente di diametro per permettere l'extra
flusso di liquido apportato (le forniture dei vari fornitori, che
arrivano, in ottica Just-in-Time, colà dove sono richieste). Il
tutto che diventa infine un liquido composito (il prodotto finito)
nella portata (quantità) richiesta dal mercato (la pompa), con le
caratteristiche volute (i parametri qualitativi), e con la tempistica
imposta dal mercato medesimo.
Se si visualizza la situazione ideale (la tubazione), e la si mette a
confronto con una situazione reale (uno stabilimento manifatturiero),
tutte le discrepanze tra ideale e reale balzano subito all'occhio:
layouts di stabilimento non adeguati provocano tutto meno che un flusso
di materiali unidirezionale e lineare - fermate d'impianto/macchina
(anche microfermate), o funzionamento impianti a velocità ridotta,
provocano sbilanciamenti/irregolarità di flusso ed accumuli di stock -
set-up di macchina e riattrezzaggi causano pure irregolarità di flusso
- il "parcheggio" più o meno temporaneo di materiali o semilavorati in
attesa di ulteriore lavorazione (o magari non lavorabili per mancanza
di altri materiali) provoca arresti di flusso qua e là - i controlli di
qualità nei vari stadi di processo produttivo possono anche loro
provocare arresti o rallentamenti di flusso, per non parlare di
rilavorazioni di prodotti difettosi che possono anche provocare
riflussi (o flussi all'indietro) - la movimentazione di materiali tra
le varie operazioni di processo equivale a bolle d'aria nel sistema: i
materiali si muovono, ma non viene aggiunto loro alcun valore durante
la movimentazione, e pertanto si processa solo "aria fresca" - ci sono
poi disturbi al flusso causati direttamente od indirettamente dalle
persone, dai loro errori, e dalle loro abitudini: ad esempio,
incomprensioni, malintesi, fenomeni di scaricabarile, processare
informazioni sbagliate, duplicare gli sforzi, aspettare ed attendere
(materiali, persone, istruzioni, attrezzi.....), chiarire dei punti,
cercare di capire, controllare, ricontrollare, contare, ricontare,
ecc....... certamente non contribuiscono alla linearità e continuità di
flusso.
Nel nostro paragone idraulico, tutte queste irregolarità non sarebbero
altro che perdite: perdite causate da diametro del tubo insufficiente o
da rugosità eccessiva della parete interna - perdite causate da curve
non graduali, o brusche variazioni (diminuzioni) di diametro, o
strozzature, o incorretto angolo di raccordo delle tubazioni affluenti
- perdite dovute ad ostacoli, ostruzioni od occlusioni parziali nella
sezione del flusso - perdite dovute a bolle d'aria nel flusso - e così
via.
In uno stabilimento manifatturiero, dobbiamo chiamare tali perdite con
il loro vero nome: SPRECHI.
.
i benefici
Produrre "a flusso" o cercare di arrivare il più vicino possibile
all'obiettivo ideale di linearità e continuità di flusso, significa
quindi riprogettare l'intero processo produttivo in modo tale che gli
sprechi siano minimizzati od eliminati: i materiali dovrebbero
"avanzare" alla giusta velocità (produttività), il più linearmente,
uni-direzionalmente e regolarmente possibile lungo tutto il processo
produttivo, e tutte le attività od operazioni di processo dovrebbero
fare un'unica cosa ai materiali: aggiungere loro valore (in ottica VAM - Value Adding Management).
Sotto quest'ottica di visione, è il mercato (la pompa) che "eccita" e
mantiene in movimento tutto il processo produttivo, organizzato in tal
modo che esso è praticamente esente da perdite e sprechi. E se questo
fosse attuabile in pratica, certamente il mercato dovrebbe essere
soddisfatto. Il che fa comprendere perché produrre a flusso (la
"fabbricazione snella") é diventato un fattore strategico di
competitività in un ambiente sempre più orientato al Cliente: i Clienti
vogliono i prodotti che vogliono, come li vogliono (con i parametri
qualitativi che desiderano), quando li vogliono (nella o con la
tempistica voluta), nella quantità e frequenza di consegna volute, e,
soprattutto, con associato un livello di "valore" che considerano
appetibile (o perlomeno accettabile): e solo a queste condizioni i
Clienti pagano il prezzo di vendita del prodotto (che dovrebbe essere
competitivo, se effettivamente gli sprechi di processo sono stati
minimizzati).
Questa é l'ottica di visione della Produzione a Flusso: in un mercato
in rapido cambiamento, produrre a flusso significa da un lato
minimizzare i costi di produzione eliminando sprechi - dall'altro avere
un processo produttivo molto "snello", flessibile, incentrato
sull'apporto di valore, e quindi tale da poter soddisfare sia i bisogni
espliciti del cliente, che le sue aspettative implicite.
le implicazioni
Quali sono le implicazioni di tal sistema produttivo ?
La prima é che validi principi di TQM - Total Quality Management (o, almeno inizialmente, un sistema di Assicurazione Qualità)
vengano adottati in parallelo alla riprogettazione di un processo
produttivo senza sprechi. Questo a garantire che i due parametri
Produttività e Qualità vengano migliorati "in abbinata".
Ci sono poi altre condizioni "tecniche" da rispettare, se si vuole arrivare vicini all'obiettivo ideale.
# La più importante é quella del "one-piece flow"
(flusso a pezzo singolo): si riferisce alla situazione in cui ciascun
pezzo (sia esso componente, semilavorato o prodotto finito) viene
singolarmente lavorato e passato all'operazione successiva. Concetto
semplice in teoria, ma spesso difficilissimo da mettere in pratica.
Eppure il flusso a pezzo singolo é un pre-requisito per scoprire prima
e poi eliminare il grosso dello spreco evidente e nascosto nell'attuale
processo produttivo (esempi: spreco di parcheggio materiali - spreco di
movimentazione e trasporto - spreco di attesa - spreco di ispezione e
controllo - spreco di sovraproduzione - spreco di produzione
difettosa........).
# Un'altra condizione essenziale é che il layout di processo venga
impostato secondo la sequenza processuale. Anche questa condizione é
ben comprensibile in teoria, ma spesso difficile da mettere in pratica,
specie quando comporta una rivoluzione totale del layout. Inoltre, il
layout dovrebbe essere talmente flessibile da poterlo adattare
rapidamente ai cambiamenti di prodotto e di caratteristiche di prodotto
imposte da un mercato in rapido cambiamento.
# I vari processi e le varie operazioni di processo devono essere
sincronizzate in modo da avere un ritmo produttivo comune (imposto, in
via finale, dal mercato). Questa condizione é abbastanza facile da
soddisfare se si riesce a soddisfare la condizione di flusso a pezzo
singolo.
# Il flusso produttivo ad alto valore aggiunto può essere esaltato da
operazioni multi-processo effettuate da operai multi-funzione (quindi
capaci di effettuare un certo numero di attività produttive). Questo
comporta vari benefici: se, ad esempio una alternativa del flusso a
pezzo singolo é di assegnare un operaio ad ogni operazione produttiva
che "passa" il pezzo all'operaio successivo, e così via, al ritmo
stabilito, un'altra alternativa (sicuramente migliore) é di avere un
operaio addetto a più di una operazione. In questo caso il singolo
pezzo riceve una sequenza di lavorazioni effettuate dallo stesso
operaio (senza, o con una o più macchine). E' facile comprendere che in
questo secondo caso é possibile minimizzare la manodopera necessaria
per effettuare un certo numero di lavorazioni - inoltre la flessibilità
produttiva diventa molto elevata - ed infine, così facendo, abbiamo
creato le condizioni indispensabili per poter dispiegare operativamente
altre due tecniche o discipline strettamente collegate con quella della
Produzione a Flusso e cioè: la TPM - Total Productive Maintenance, che integra attività produttive e di manutenzione impianti (la cosidetta "automanutenzione") - ed il Controllo Qualità "in linea", sistema per assicurare la qualità "....là dove viene prodotta...." (Ishikawa).
# In certe operazioni produttive é anche essenziale lavorare in piedi,
anziché seduti: questo può esaltare la performance produttiva in certe
operazioni (ad esempio di assemblaggio) con flusso a pezzo singolo.
# Parecchi dei concetti di cui sopra possono essere sublimati adottando
Celle Produttive ad U (o C, od L.....). In una cella produttiva è
possibile eliminare anche lo spreco connesso al movimento delle persone
che in situazioni tradizionali dovrebbero magari camminare da fine
processo ad inizio processo: basta avere l'inizio processo ad una
estremità della U o della C, e la fine processo all'altra estremità. Ma
i vantaggi principali di una cella produttiva risiedono nella
razionalizzazione del layout, nell'applicazione dei concetti di
multi-processo e multi-funzione, e nella minimizzazione della
manodopera se si impiegano operai multi-funzione - per non dire
dell'elevata motivazione e soddisfazione lavorativa conseguibile in
celle produttive. L'operaio é infatti addetto ad una serie di
operazioni che hanno maggiore significato: in alcuni casi egli realizza
un prodotto finito, od addirittura imballato ed etichettato, pronto per
la consegna al cliente che diventa, da entità invisibile, realtà molto
più vicina all'operaio.
Infine, se l'operaio é anche addetto alla manutenzione delle macchine
della cella (secondo i canoni della TPM), nonché responsabile di
assicurare la qualità del prodotto, egli ritorna ad essere, finalmente
(dopo molti decenni di spersonalizzazione industriale), l'artigiano
nella sua bottega, totalmente responsabile del suo lavoro, e del quale
può andare ben fiero.
In tal modo l'operaio riacquista elevata dignità professionale usurpata
da oltre un secolo di specializzazione e frammentazione del lavoro.
Nella produzione a cella si può ottenere, anche se sembra un paradosso,
maggiore produttività (nonché elevata flessibilità) utilizzando
macchine "compatte" e "dedicate" invece di macchine di alta capacità
produttiva e magari multi-funzione. L'automazione deve essere tenuta
semplice e di basso livello - la movimentazione dei singoli pezzi deve
essere la più semplice possibile, la gravità deve essere sfruttata al
massimo - inoltre i tragitti devono essere cortissimi. La flessibilità
deve essere la più elevata possibile: ogni cella dovrebbe poter essere
modificata, riattrezzata, smontata e ricostruita nel giro di minuti, sì
da poterla adattare in fretta ad ogni cambiamento produttivo necessario.
# A questo proposito, bisogna anche introdurre una nuova mentalità per
quanto riguarda set-up, cambi produzione e riattrezzaggi: non é neanche
concepibile impostare un tipo di produzione a flusso se prima non si
elimina quella vecchia mentalità secondo la quale sono necessarie ore
per cambiare stampi, per riattrezzare macchine, o per risettare linee
produttive. Il Quick Change-Over
(Riattrezzaggio Rapido o Cambio Produzione Rapido) é oggi raggiungibile
praticamente in tutti i processi produttivi: effettuando creativamente
una analisi critica dei metodi di riattrezzaggio si riesce a ridurne i
tempi del 60% - 80% nella maggior parte dei casi. Con ulteriori
accorgimenti si può arrivare a tempi di cambio dell'ordine del minuto,
e persino al cambio "istantaneo". Questo ovviamente contribuisce in
modo radicale alla snellezza e flessibilità richiesta ai processi
produttivi d'oggi.
# Bisogna anche menzionare le implicazioni introdotte nella strategia
degli acquisti: fornitori e terzisti devono adattarsi velocemente a
ritmi e modalità di consegna del tutto nuove, ed a nuovi orizzonti di
assicurazione della qualità. In parole povere, anch'essi devono
rapidamente entrare nell'ordine d'idee della Produzione a Flusso e del
Total Quality Management.
lo "stock"
Sicuramente, se tutte o gran parte delle condizioni su riportate possono essere soddisfatte, una situazione di stocks e WIP (work in progress)
ridottissimi é la prima naturale conseguenza dell'aver realizzato un
tipo di produzione a flusso: da notare che questa é solo una
conseguenza positiva della Produzione a Flusso, e non una condizione
per raggiungerla. Con un P-Time (Production Time) molto vicino od uguale al D-Time (Delivery Time, o tempo di consegna richiesto dal cliente), come deve essere in un sistema produttivo di tipo "pull",
non c'è alcun bisogno, in teoria, di polmoni di stocks, ed, in pratica,
molto poco: e comunque, una frazione degli stocks nella situazione
produttiva precedente l'introduzione della Produzione a Flusso. Alla
drastica riduzione di stocks e WIP si associa sempre, inoltre, una
drastica riduzione di tutti i tempi tipici di processo.
la strategia
E' certo che soddisfare le condizioni su esposte é, in molti casi, non
facile e neanche indolore. In parecchi casi si parla di introdurre una
vera e propria rivoluzione nel processo produttivo, con impatti gravosi
in termini di costo, di tempo, e di impegno delle persone.
Al solito, tuttavia, il solo fattore che fa la differenza tra successo
e fallimento di un progetto del genere é il fattore umano. Un
cambiamento di questa portata non può neanche essere concepito,
iniziato, portato avanti ed infine mantenuto operativo a meno che le
persone non compiano attivamente la loro parte, con notevole
partecipazione od addirittura entusiasmo. La "resistenza" al
cambiamento é un grosso nemico in questi casi, e la resistenza ( o
perlomeno la "riluttanza") delle persone può diventare molto alta
quando si mettono in discussione modi di fare istituzionalizzati da
anni, se non decenni. Ecco allora che bisogna considerare un approccio
integrato al miglioramento, e non trascurare l'importanza strategica
della disciplina del TEI - Total Employee Involvement
per assicurare successo ad iniziative di questo genere. Nel caso in
questione la formazione delle persone e la loro sensibilizzazione al
valore ed alla lotta allo spreco sono fondamentali per assicurarne il
coinvolgimento in fase di attuazione.
Gli approcci possibili alla Produzione a Flusso sono 2, principalmente,
e possono essere impiegati anche parallelamente od in modalità
complementare:
# l'approccio "top-down":
qui si parla di vera e propria rivoluzione nel processo produttivo, e
portata a termine in periodi relativamente brevi (anche pochi giorni);
progettata e pilotata dall'alto; messa in pratica con una
sensibilizzazione spinta delle persone, e supportata da formazione in
dosi massicce
# l'approccio "bottom-up": più soffice
e graduale, ed in modalità passo-passo; progettato e pianificato
adeguatamente; iniziando con progetti "pilota"; sempre supportato da
formazione e sensibilizzazione graduale delle persone; e soprattutto
basato sul coinvolgimento elevato delle medesime; ampliando il fenomeno
orizzontalmente, in modo che si diffonda gradualmente in tutto lo
stabilimento.
In entrambi i casi il supporto ed il coinvolgimento delle persone é
essenziale, cambiano solamente le modalità ed il tasso di attuazione.
Buoni risultati possono essere raggiunti con entrambi gli approcci, o
con il loro dispiego complementare, e, bisogna ammettere, non esiste
regola predefinita per dire quale sarà l'approccio migliore. La
migliore strategia di approccio non può che essere tagliata su misura
dal management, che tuttavia dovrà prestare notevole attenzione al
fenomeno, conoscerne la portata e le implicazioni, e capire la
necessità basilare di coinvolgere adeguatamente le persone a garanzia
di successo.
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Produzione a Flusso: un obiettivo primario per l'Industria Manifatturiera
by Carlo Scodanibbio per "The Malta Independent"
Immagini di andare a cena in un ristorante, non sapendo che la cucina é
impostata con una produzione "a lotti". Quel che potrebbe succedere é
una cosa del genere:
Cameriere (dopo che lei ha guardato il menù per 5 minuti): ".....Buonasera, signore, allora cosa ha deciso ?"
Cliente: "Sì, vorrei cominciare con dei tortellini alla panna, e per secondo......"
Cameriere (interrompendo): "Mi spiace, signore, ma stasera non
abbiamo tortellini pronti, solo gli spaghetti sono pronti - comunque,
se può aspettare un attimino, magari arriva qualche altro cliente che
ordina tortellini, ed allora lo chef glieli prepara..."
Cliente (sorpreso): "Ma, non capisco. Se avete messo i
tortellini nel menù, non vedo perché mai lo chef debba aspettare altri
ordini prima di farli...."
Cameriere (molto professionale): "Vede, signore, lasci che le
spieghi: il proprietario di questo ristorante é una persona con elevato
senso di economia, e che ha il pallino dell'efficienza, cosa di cui
andiamo molto fieri. Sicuramente lei capirà che serve circa la stessa
quantità d'acqua e di gas per cuocere una porzione di tortellini oppure
cuocerne sei. Quindi, già da parecchio siamo organizzati in modo molto
efficiente, ed abbiamo deciso di cucinare un minimo di sei porzioni
alla volta, e questo vale per ogni primo piatto nel menù. Così facendo,
inoltre, ci possiamo permettere di avere una sola persona in cucina,
immagini che risparmio. Se dovessimo cuocere porzioni singole, ci
vorrebbe almeno un aiuto cuoco, e magari anche un ragazzo di cucina,
per aiutare qua e là.......... Il punto é che vogliamo tenere bassi i
prezzi alla nostra clientela. Ecco perché stasera abbiamo spaghetti
pronti in cucina. Glieli posso scaldare al microonde ?"
Cliente (pronto ad esplodere): Ma, un momento... anche assumendo
che i vostri principi di economia siano giusti, perché mai mi dovrebbe
far scaldare gli spaghetti al micro ?"
Cameriere (leggermente scocciato, ma sempre professionale):
"Vede, signore, oltre mezz'ora fa sono arrivati 3 clienti, i quali
hanno ben gradito l'idea degli spaghetti. Lo chef ha preparato il
solito lotto di 6 porzioni, per cui ne rimangono 3 belle pronte per
consegna immediata.... ma, immagino, a lei non piacciono gli spaghetti
freddi, non é vero ? E, pensi, ci vogliono esattamente 30 secondi per
scaldarli, non le sembra un servizio ultraveloce ?"
Cliente (in ebollizione): NO, grazie, non mi piacciono né gli
spaghetti freddi, né gli spaghetti riscaldati, infatti gli spaghetti
non mi sono mai piaciuti, li ODIO.... e non voglio più neanche i
tortellini, penso proprio che andrò nella Pizzeria accanto a farmi una
bella pizza....."
Cameriere (paternalistico, ma ancora professionale): "Come il
signore desidera, buonasera signore, spero proprio di rivederla in
altra occasione....."
Incredibile, non é vero ? Eppure le cose sono andate in un modo molto
simile in parecchie industrie manifatturiere negli ultimi decenni, ed
ancora vanno così. Molti fabbricanti hanno adottato una semplice
filosofia produttiva:
- Il business dell'Industria Manifatturiera é di produrre beni
- Tali beni devono essere di buona qualità, a buon mercato, e con consegna ragionevolmente veloce
- L'efficienza produttiva si raggiunge producendo a grossi lotti, il che dà origine a notevoli risparmi
- La Direzione di Stabilimento definisce sia la capacità produttiva che i programmi di produzione, sulla base di opportune stime
- L'utile d'impresa arriva "naturalmente": basta produrre e commercializzare bene
Questi semplici principi sono stati ben accettati dal mercato per lungo
tempo, e ben premiati. Negli ultimi 10 - 12 anni, tuttavia, e più
marcatamente negli ultimissimi anni, qualcosa é cambiato nel mercato,
ed una specie di rivoluzione silenziosa ha preso sempre più piede. I
clienti non sono più gli stessi, sono diventati più strani. Per
molteplici ragioni, alcune molto difficili da comprendere, sembra che i
clienti si siano indirizzati verso un approccio ben diverso dal
passato: vogliono i beni che vogliono loro, nella quantità che
vogliono, con la qualità che vogliono, nei tempi che vogliono, e con i
prezzi che vogliono loro.
E come hanno reagito molti fabbricanti a questa stranezza ?
Semplicemente prendendo le misure (che essi hanno ritenuto) più
adeguate:
- Hanno aumentato l'efficienza produttiva investendo in tecnologia ed
impianti sofisticati: macchine carissime, più potenti, più grandi,
totalmente automatiche, e capaci di sfornare prodotti più velocemente
ed in quantità ancora più grandi
- Hanno reagito alla richiesta di maggior qualità introducendo
squadriglie di ispettori e controllori qualità ed adottando sofisticati
sistemi di controllo qualità, allo scopo di bloccare i beni difettosi
prima che uscissero dalla fabbrica
- Ed hanno reagito alla richiesta di tempi di consegna più brevi
allargando il magazzino prodotti finiti, in alcuni casi rendendolo
totalmente automatico, cercando così di offrire merci a pronta consegna
e servizio impeccabile.
Eppure, anche queste misure oggi sembrano insufficienti.
Infatti, quello che molti fabbricanti non hanno compreso é che, mentre
la torta rappresentante il globale mercato non é molto cresciuta, la
varietà dei prodotti é invece cresciuta enormemente.
A causa della spietata concorrenza e del fenomeno della globalità dei
mercati; a causa di sempre maggiore attenzione alla qualità; e
soprattutto a causa del fenomeno di soggettività nella spasmodica
ricerca della "qualità della vita", ci ritroviamo in un mercato
letteralmente inondato da una enorme varietà di prodotti,
caratterizzati inoltre da personalizzazioni, optionals, e simili. E
nonostante ciò, i clienti "vogliono ancora quello che vogliono loro".
In tale circolo vizioso, molti fabbricanti ci hanno rimesso le
classiche penne, e sono scomparsi. Altri, molti, sono nei pasticci: la
loro sofisticatissima tecnologia sembra incapace di rispondere ad una
domanda così diversificata, ed i loro enormi macchinari automatici non
sembrano essere all'altezza di gestire rapidamente lotti sempre più
piccoli di prodotti diversificati.
Il sistema di controllo qualità, in moltissimi casi, é solo riuscito a
ridurre il numero di difetti e non conformità passate ai clienti, ma a
spese di una fabbrica "nera" (dove i prodotti difettosi ricuperabili
vengono rilavorati) e di un magazzino "nero" (in cui i prodotti
difettosi ed irrecuperabili si ammucchiano fino al soffitto).
Ed il magazzino prodotti finiti, progettato per dare consegne più
rapide e servizio migliore, ha cominciato a produrre una razza di
prodotti "mutanti" chiamati "obsolescenze". Ed inoltre esso comincia ad
assumere l'aspetto di una barriera sempre più spessa posta tra il
fabbricante ed i suoi clienti con i loro bisogni e le loro aspettative.
In parole povere quei fabbricanti che, come il proprietario del nostro
ristorante, si sono preoccupati della loro efficienza interna, del
massimo sfruttamento dei loro impianti, e dei loro programmi di
produzione più che di comprendere bene i bisogni evidenti e nascosti
dei loro clienti, oggi passano un brutto quarto d'ora.
Eppure la risposta al problema esiste, e si chiama Produzione a Flusso, parte integrante, anzi centrale, della filosofia della Fabbricazione Snella.
La Produzione a Flusso, come il nome suggerisce, é uno stile produttivo
basato sul fluire lineare e regolare di materiali e componenti di
prodotto attraverso tutto il processo produttivo, fino a diventare
prodotto finito, confluente sul mercato, il naturale sbocco.
Si può a tal riguardo creare una similitudine, non con un fiume, od un
torrente, ma piuttosto con una tubazione, in cui il regolare flusso di
liquido all'interno é attivato da una pompa posta allo sbocco della
tubazione: é pertanto la pompa (il mercato) che stabilisce il flusso di
liquido (materiali, prodotti) attraverso lo stabilimento (tubazione).
Che cosa comporta questo stile produttivo ? Per cominciare, alcune conseguenze piuttosto rivoluzionarie:
- La produzione (con il suo ritmo e caratteristiche) non é più
"spinta" dalla direzione di stabilimento con i suoi programmi
produttivi, ma, viceversa, "tirata" fuori della fabbrica dal mercato e
dai con i loro bisogni e le loro esigenze. Proprio come avviene in un
buon ristorante.
- Il mercato non é più un mercato basato sull'offerta (e quindi con
regole impostate da chi vende), ma é bensì basato sulla domanda (e
quindi con regole impostate da chi compra).
- L'utile d'Impresa non é più un fenomeno naturale, e conseguente al
fatto di poter produrre: oggi l'utile va guadagnato con duro,
intelligente lavoro, e con attenzione estrema ai bisogni ed aspettative
dei clienti
- I prodotti devono essere esattamente come i clienti li vogliono, e
devono essere consegnati nella quantità che essi vogliono, con la
qualità che desiderano, e nei tempi che richiedono. L'Industria
Manifatturiera non é più una industria che produce beni e merci: essa é
un'Industria di Servizi, orientata al Cliente
- Le caratteristiche della produzione saranno sempre più incentrate
attorno al concetto di "varietà elevata, lotti sempre più piccoli",
così come i Clienti chiedono
- Il tempo necessario a produrre prodotti (il P-Time) dovrà essere
sempre più vicino al tempo di consegna sperata od attesa dal Cliente
(il D-Time)
- I Clienti sono sempre più dell'idea di pagare un prezzo che sia
strettamente correlato con il "valore" del prodotto in questione.
Inoltre i Clienti sono sempre più abili nello stimare il valore dei
prodotti.
Pertanto i fabbricanti devono prestare adeguata cautela per far sì che
il loro prezzo di vendita sia il più vicino possibile al od addirittura
coincidente con il valore del bene in argomento.
- Questo comporta che il processo produttivo deve divenire
"veramente" efficiente: i Clienti non sono più disposti a dare sussidi
ai fabbricanti per gli sprechi insiti nei loro processi produttivi.
Il concetto di spreco (con gli associati concetti di sciupio e sperpero) é proprio l'anello mancante della catena.
In ogni processo produttivo esiste dello spreco. Ogni materiale ed ogni
componente utilizzato propriamente aggiunge valore al prodotto, così
come ogni operazione od attività lavorativa "utile". Componenti e
materiali non necessari non aggiungono valore al prodotto finito, così
come ogni operazione, attività o lavorazione non necessaria/utile.
Dove si annida lo spreco in fabbrica ? In ogni operazione che spezza o
disturba il flusso lineare e regolare dei materiali, e causa quindi
turbolenza, arresti di flusso, riflussi, e flusso all'indietro - e cioè
in ogni operazione che non aggiunge valore. Esempi ? Immagazzinare,
parcheggiare, spostare, tirar su, metter giù, appoggiare, trasportare,
contare, controllare, maneggiare, posizionare, aspettare, attendere,
ispezionare, decidere, degradare, declassare, scartare, riparare,
rilavorare, cambiar produzione, settare, riattrezzare, cercare
(attrezzi, materiali, disegni...), avere incidenti, duplicare gli
sforzi, non capirsi........ e guasti macchina, microfermate,
funzionamento a velocità ridotta, resa ridotta, produzione di
difetti....... ed altre dozzine di simile tono.
La Produzione a Flusso é, oltre che una disciplina, una mentalità tesa
a scoprire lo spreco in produzione ed a combatterlo a morte.
Ed in realtà, se il processo produttivo potesse essere reso fluido,
lineare ed uni-direzionale al massimo, e senza interruzioni tra
operazioni a valore aggiunto, sicuramente la maggior parte dello spreco
verrebbe eliminata.
Far qualità dovrebbe essere parte integrante del processo, e la qualità
dovrebbe essere prodotta "in-linea" da macchine gestite in tal modo
(con la TPM - Total Productive Maintenance), e da operai multi-funzione capaci di assicurarla al 100%.
Il P-Time si avvicinerebbe talmente al D-Time che il magazzino prodotti
finiti diventerebbe, in pratica, quasi inutile. E la produzione sarebbe
talmente reattiva che in effetti sarebbero proprio i clienti a "tirare"
i prodotti fuori dalle linee di assemblaggio finale, che a loro volta
tirerebbero sottoinsiemi e semilavorati dai processi a monte.
Questa é Produzione a Flusso, uno stile produttivo ed un fatto
culturale al tempo stesso, tesi a tagliare spreco al punto tale che il
processo produttivo non può che diventare simile al flusso di liquido
in una tubazione, snello e flessibile al massimo, ed altamente reattivo
ai bisogni dei Clienti.
La sfida é elevata, e l'obiettivo é quanto meno difficile da
ottenere. Eppure molti fabbricanti, e non solo di grandi dimensioni, né
solamente in Giappone, sono riusciti ad attuarlo. La loro esperienza
dice che arrivare a lavorare a flusso richiede tempo, coraggio, sforzi,
tecniche e tanta creatività. Tuttavia l'ostacolo principale é sempre
rappresentato dalla resistenza delle persone al grosso cambiamento di
mentalità richiesto: perché produrre a flusso, é fatto, come tutto, da
uomini.
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Riattrezzaggio Rapido: sogno o realta' ?
by Carlo Scodanibbio per "The Malta Independent"
e per la rivista della "Tygerberg Chamber of Commerce" - Città del Capo
Consideriamo questa storiella.
Al ritorno dalla luna di miele, la vita diventa abbastanza rapidamente
routine, per i nuovi sposini. E cosa scopre il marito ? Scopre che la
moglie ha un sistema tutto suo di organizzare il ménage in cucina. Ad
esempio, quando prepara pollo arrosto, cuoce la bellezza di 8 polli
alla volta. Se fa delle lasagne, ne fa almeno 6 teglie belle grandi. E
lo stesso vale per la pizza: é capace di infornarne una dozzina, una
dietro l'altra. Così facendo, il congelatore é sempre ben fornito.
Il risultato, bisogna ammettere, non é male: i sapori dei vari piatti
sono buoni, tuttavia il marito non riesce a comprendere lo strano modo
di fare della moglie. E quando finalmente si decide a chiederle perché
mai lei cucini in questo modo, la risposta della moglie é categorica:
questo é il modo più efficiente di cucinare. In effetti, sostiene la
moglie, una volta che si é organizzata per fare pollo arrosto, la cosa
migliore da fare é di prepararne l'opportuna quantità necessaria per
almeno 3 mesi, e cioè per il periodo di conservazione massimo permesso
dal loro tipo di congelatore. Così facendo riesce ad utilizzare gli
utensili di cucina richiesti una sola volta, risparmiando un sacco di
tempo in lavaggio dei medesimi e rimessa in ordine della cucina. E lo
stesso vale per le lasagne, la pizza, e qualunque altro piatto. Il
ragionamento é semplice: perché impazzire a preparare pizza ogni
Venerdì, quando può essere comodamente ed efficientemente fatto una
volta sola per le prossime 12 settimane ? Il risparmio é fantastico,
sostiene la moglie: la stessa teglia va in forno 12 volte consecutive,
ed infine viene lavata. Il forno é già caldo, e quindi si risparmia
energia elettrica: immaginare lo spreco di lasciarlo raffreddare ogni
volta....... Lo sforzo per impastare pasta per una o per 12 pizze é
all'incirca la stesso. E la comodità di aprire scatole di pelati,
lattine di acciughe, vasetti di capperi e bustine di origano una volta
sola, dove la mettiamo ? E, soprattutto, perché impazzire a decidere
ogni giorno cosa preparare per cena ? In questo modo é tutto
pre-organizzato per ben tre mesi......
Sorprendente ?
Neanche tanto, considerando che una mentalità del genere caratterizza da decenni molti settori dell'industria manifatturiera.
Se si chiede ad un Responsabile Produzione cos'è, a suo parere,
veramente difficile in produzione, la risposta, nove volte su dieci, é:
produrre una notevole varietà di prodotti a piccoli lotti. E se si
chiede loro le ragioni di tal difficoltà, invariabilmente la risposta
é: a causa dei frequenti set-ups e riattrezzaggi di macchine e linee
produttive necessari per produrre prodotti diversi in piccoli lotti. I
set-ups (cambi produzione in generale, e, più specificatamente,
riattrezzaggi macchina, cambi stampo, cambi colore, ecc.) sono visti
come fumo negli occhi da gente di produzione, così come la nostra
sposina considera problematico ed inefficiente preparare pietanze per
una sola volta, ed organizzarsi in tal senso con gli ingredienti
richiesti e gli utensili, scaldare e lasciar raffreddare il forno per
poi doverlo pulire ogni volta, ed infine lavare e riordinare........
Le radici di questa mentalità traggono origine da tre assunti:
- I set-ups sono difficili, problematici, e richiedono abilità ed attitudini particolari (per cui, meno se ne fanno, e meglio é).
- I set-ups sono lunghi, richiedono tempo e sforzi, e sono quindi
molto costosi: pertanto produrre a grossi lotti mitiga e bilancia, in
qualche modo, tali sforzi e tali costi.
- Visto che produrre a grossi lotti potrebbe portare a stocks
eccessivi (che pure costano), ci deve essere una formula che ottimizzi
le due componenti di costo (costo di set-up e costo dello stock),
determinando una dimensione di lotto ottimale ed "economica". Ed, in
effetti, tale formula esiste ed é facilmente definibile nell'industria,
così come la nostra sposina ha scoperto che 3 mesi di pizza da
surgelare é il suo lotto ottimale.
Se si scava ulteriormente, si scopre che le cause ultime di questa
mentalità, almeno nell'industria manifatturiera, sono originate da una
confusione strategica, che dura da oltre tre decenni, circa la vera
relazione esistente tra mercato (domanda) e sistema produttivo
(offerta). La tendenza generale é stata (e lo é tuttora) di mescolare
certe caratteristiche della domanda (grossi volumi) con le
caratteristiche dell'offerta e del sistema produttivo (grossi lotti
produttivi).
Solo recentemente ci siamo accorti che i due concetti dovrebbero essere
tenuti ben distinti, in quanto una caratteristica della domanda non può
costituire la base della disciplina produttiva.
In effetti, ammesso che la domanda sia ancora indirizzata (e non lo é
più, ormai) verso i grossi volumi, e ben d'accordo sul criterio che i
grossi volumi siano benefici per ammortizzare in tempi ragionevoli
impianti magari molto costosi, pur tuttavia il sistema produttivo può
sempre reagire con stile ben diverso sia a certe caratteristiche di
mercato che a certi criteri economici di ammortamento. Come ?
Impostando la produzione con numerose ripetizioni di lotti piccoli,
che, se non altro, lo renderebbero capace di rispondere adeguatamente
ad eventuali cambiamenti della domanda, come avviene oggi in realtà: i
Clienti, strano a dirsi, vogliono sempre di più consegne rapide di
lotti piccoli e diversificati.
Quei fabbricanti che hanno capito i cambiamenti in corso nel mercato e
compreso altresì la confusione di principio di cui sopra, si sono
organizzati, nel corso dell'ultimo decennio, in un modo del tutto
rivoluzionario: si sono staccati dal concetto di grosso lotto e di
lotto economico, e cambiato il loro stile produttivo basandolo sugli
"ordini attualmente ricevuti", producendo, quindi, solo l'ordinato.
Questo stile di produzione si chiama "Produzione a Flusso", parte centrale della filosofia della Fabbricazione Snella.
La produzione viene "tirata" dai Clienti e pilotata dai loro bisogni ed
aspettative. E qual'è il segreto determinante che rende possibile tale
stile produttivo e gli spalanca la porta ? E' certamente uno stile
diverso nei set-ups. Abbracciando la disciplina, ormai ben codificata
del "Quick Change-Over" (Riattrezzaggio Rapido), le Aziende
Manifatturiere "World Class" sono riuscite ad abbattere i tempi di
cambio in modo radicale, in certi casi dell'80% ed anche 90%, arrivando
da ore a pochi minuti. Oggi si può arrivare, in certi casi, a cambi
produzione "istantanei" (dell'ordine del minuto, ed anche meno). Questo
é possibile analizzando opportunamente le operazioni di cambio;
riducendo prima, e poi eliminando tutti gli sprechi insiti in esse;
apportando creativamente modifiche tecniche, spesso molto economiche da
realizzare; coinvolgendo opportunamente ed attivamente il personale
interessato (secondo l'ottica del TEI - Total Employee Involvement); e migliorando in continuazione, passo-passo, fino a raggiungere traguardi impensabili fino a ieri.
Si può facilmente immaginare perché, quando i tempi di set-up vengono
drasticamente ridotti , si apra la porta alla Produzione a Flusso: gli
stocks sono decimati, i tempi di attraversamento diventano minimi, i
colli di bottiglia sono eliminati, e produrre a piccoli lotti prodotti
diversi diventa realtà e, soprattutto, un compito più "umano".
Oggi si comincia a pensare che il miglior cambio produzione sia "nessun
cambio", ossia si tende a progettare sistemi produttivi flessibili,
capaci di gestire dalla nascita situazioni multi-prodotto.
Ma se cambio si deve fare, l'essenziale é che esso venga studiato in
tal modo, ed una volta per tutte, in modo tale che sia il più veloce
possibile, praticamente "istantaneo", e facile da eseguire: come se la
nostra sposina avesse una bacchetta magica che le permetta di pulire e
riordinare tutto nel giro di pochi secondi.
Sogno o realtà ? Per l'industria manifatturiera oggi é decisamente
realtà. E chissà che tale possibilità non si avveri un giorno anche per
la nostra sposina......
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Kaizen: ma cosa significa ?
by Carlo Scodanibbio per "The Sunday Times of Malta"
l'appassionato della casa
Se consideri la tua abitazione più che un tetto ed un posto in cui
mangiare e dormire, ossia, in altre parole, se consideri la tua
abitazione una "casa", un nido caldo ed intimo per te e per la tua
famiglia, probabilmente le presterai molte cure ad attenzioni, e
certamente le dedicherai tempo, soldi e sforzi per renderla sempre più
accogliente, più aggraziata, più funzionale e più di carattere.
Probabilmente non ti accontenterai di mantenerla semplicemente nello
stato in cui si trova, ma cercherai di migliorarla regolarmente: non
solo terrai l'impianto elettrico e quello idraulico sempre a puntino,
apportando migliorie ove opportuno; non solo terrai pareti, porte e
finestre sempre ben pitturate ed in buone condizioni; ma ogni tanto
cambierai anche dei mobili, o degli oggetti d'arredamento; e magari
troverai il tempo di andar girando con la tua metà per scovare qualche
bel pezzo antico, od un bel quadro, od un arazzo per abbellirla; e
magari piazzerai delle belle piante da interni qua e là; e così via. E
se veramente sei appassionato della casa, questo potrebbe essere un
processo senza fine: anche il giorno in cui penserai che la tua casa é
proprio bella, non ne sarai ancora del tutto soddisfatto: e continuerai
senza sosta a far cambiamenti, migliorie, e ad apportare piccoli tocchi
personali in ogni angolino.....
La tua casa diventa così un punto di orgoglio, un qualcosa di cui andar
fieri: la tua casa rappresenta te stesso, e tu sei parte della tua
casa. Se poi hai una pur minima tendenza ad essere perfezionista, non
sarai mai e poi mai veramente soddisfatto, e continuerai anno dopo anno
a portare avanti questo processo di miglioramento, senza fine.
kairyo e kaizen
Tal processo é di stile Kaizen. La parola giapponese Kaizen significa: "miglioramento continuo, passo passo".
Va notato che se tu non fossi soddisfatto dello stato attuale della tua
abitazione, ci sarebbero svariati approcci che potrebbero essere
adottati per migliorarla: ad esempio, potresti decidere di cambiar
casa; oppure, se decidessi di tenerla, potresti interpellare un
architetto ed una impresa di costruzioni, od una ditta di arredamento
per interni, e rifare completamente la tua abitazione, rinnovandola e
rifinendola in modo totalmente diverso, e riammobiliandola e
riarredandola completamente. Od infine, specialmente se il tuo budget é
abbastanza limitato (ma non solo in questo caso), potresti decidere
proprio di migliorarla passo passo, mese dopo mese, anno dopo anno, con
approccio di tipo do-it-yourself, facendo da solo o con la tua metà
tutto o quasi, dalle pitture alle piastrelle; ed anche se non volessi o
potessi fare tutto da tè, in ogni caso ci metteresti un grossissimo
impegno personale, perlomeno a progettare, a ridisegnare, a supervedere
ed a controllare i lavori.
Nei primi due casi (cambiar casa o lasciarla rifare da addetti ai lavori), il tipo di miglioramento sarebbe secondo l'approccio Kairyo,
parola ancora giapponese che significa: rinnovamento tecnologico su
larga scala. Nell'ultimo caso (miglioramento autogestito passo passo),
il tipo di miglioramento sarebbe invece secondo l'approccio Kaizen.
Qual'é l'approccio migliore ? Nessuno dei due: i due approcci sono
semplicemente diversi, ed appropriati in circostanze diverse. In
qualche caso essi potrebbero anche essere usati in modalità
complementare - od in sequenza, l'uno dopo l'altro.
Tuttavia c'é una differenza sostanziale tra i due approcci: se vai secondo lo stile Kairyo, usi soprattutto risorse finanziare per ottenere quello che vuoi; mentre, se vai Kaizen, usi soprattutto la tua mente (e la tua creatività, le tue mani, il tuo cuore.....).
Questa é la vera differenza tra i due approcci: senza nulla togliere alla validità dell'approccio Kairyo, almeno in tutti quei casi in cui é ben appropriato, l'approccio Kaizen tende ad essere basato sulle capacità, abilità e talenti personali.
Il Kaizen
é stato sviluppato dall'industria giapponese negli anni '70 - '80, come
approccio e come disciplina tesi a apportare elevati livelli di qualità
ai processi industriali ed ai relativi prodotti.
E' rimasto confinato al campo della qualità per diversi anni, e quindi
applicato anche alla produttività, avendo come obiettivo di conseguire
livelli più elevati di efficienza produttiva.
Ed infine é stato applicato a tutta la struttura organizzativa
d'impresa, l'obiettivo in questo caso indirizzato a raggiungere livelli
World Class di eccellenza.
il kaizen e le persone
La più importante caratteristica dell'approccio Kaizen é il contenuto umano che apporta.
Migliorare attraverso un approccio Kaizen
comporta un profondo, sistematico e continuo coinvolgimento delle
persone (quelle interessate, ed al limite tutte le persone di
un'impresa), che, utilizzando certe tecniche e certi strumenti, ma,
soprattutto usando il loro cervello, mettono in moto un processo di
miglioramento continuo praticamente senza fine. Il motto del Kaizen
é: "....oggi meglio di ieri, domani meglio di oggi....". Il concetto di
miglioramento continuo é applicato in tutte le direzioni: i processi
possono essere migliorati - i metodi possono essere migliorati - la
difettosità può venir ridotta ed eliminata - gli sprechi possono essere
ridotti e minimizzati - il servizio ai clienti e le relazioni con i
clienti possono essere migliorate - l'ambiente di lavoro può essere
migliorato - le relazioni tra capi e collaboratori possono essere
migliorate - non esiste limite al miglioramento.
Da notare che, nell'industria, si possono ottenere miglioramenti in
molti modi: si può migliorare un processo o la qualità di un prodotto
acquistando nuova tecnologia o nuovi impianti - nello stesso modo si
può apportare miglioramenti all'efficienza produttiva - con opportuni
accorgimenti informatici si può migliorare il servizio al cliente -
affittando un consulente si può apportare miglioramenti a metodi,
processi, e relazioni interpersonali. Ma questi tipi di approccio al
miglioramento non cadono sotto l'ottica del Kaizen. L'approccio Kaizen
al miglioramento é quello del poveruomo: che non avendo soldi non può
spenderne per apportare migliorie - l'unica possibilità che gli resta é
di usare cervello, buon senso, creatività e pazienza......
kaizen é energia mentale
Questa, come già detto, é la vera caratteristica del Kaizen:
usando il cervello per ottenere miglioramenti, le persone perfezionano
le proprie abilità ed propri talenti, e, ciliegina sulla torta,
ottengono anche più soddisfazione nel lavoro.
Se, ad esempio, tu sei molto ricco, e ti costruisci una villa super
lussuosa, progettata dal miglior architetto sul mercato, potresti
essere molto felice, ma potresti anche non esserlo tanto quanto quella
persona, di pur modesto ceto, che con anni di pazienti e creativi
sforzi é riuscita a trasformare la sua casa in un nido caldo ed
accogliente; pieno di tocchi personali e realizzati da sé; ogni angolo
del quale mostra la sua dedizione; ogni oggetto ed arazzo, acquistato
con anni di paziente risparmio, é il segno della sua cura e di buon
gusto; ogni piccolo dettaglio é una prova del suo amore per la casa.....
Ed ogni gradino di miglioramento raggiunto porta soddisfazione e gioia,
ma, probabilmente, la vera gioia é nel processo medesimo di attuazione
del miglioramento: perché apportare miglioramento soprattutto per mezzo
della creatività é pura sfida, e l'accettazione della sfida é di per sé
sorgente di soddisfazione.
strumenti per il kaizen
Ovviamente il cervello da solo spesso non basta: ecco perché ci sono
abbondanti tecniche e strumenti per attuare buoni processi di
miglioramento stile Kaizen.
Come l'appassionato della casa ha bisogno di impratichirsi
adeguatamente in tecniche di arredamento di interni, in tecniche di
restauro di pezzi antichi, e deve avere una buona conoscenza base di
paesaggistica o di tecniche dei giardini, come pure di impianti
elettrici ed idraulici, e di pittura interni, e di posa di carte da
parati...... così nei gruppi di miglioramento industriale Kaizen
devono essere note e praticate tecniche di risoluzione dei problemi, e
di presa di decisioni, e di strumenti ancora più sofisticati, come ad
esempio il diagramma di Pareto o quello di Ishikawa, tanto per nominare
due tra gli innumerevoli strumenti a disposizione.
Ho menzionato la parola gruppi, e questo é un altro requisito del Kaizen:
partendo dal presupposto che "....Papa e contadino insieme sanno più
del Papa da solo.....", il lavoro di gruppo e l'abilità di lavorare
bene ed efficacemente in gruppo sono indispensabili per fare del buon Kaizen
nell'industria. I Giapponesi hanno ben compreso questo principio, e
l'hanno applicato molto bene: i loro Circoli della Qualità, ad esempio,
hanno ottenuto risonanza mondiale.
Nel mondo industriale occidentale, tuttavia, il concetto di "lavorare
bene in gruppo per ottenere miglioramenti continui e sistematici" non
ha dato, in generale, frutti molto buoni, soprattutto a causa del gap
culturale esistente tra l'ovest e l'est in questo campo: l'abilità di
ottenere risultati in gruppo sembra più scarsa nella nostra realtà
industriale, e molti tentativi di trapiantare metodi da Circolo di
Qualità giapponese nell'industria occidentale sono purtroppo falliti.
Il fatto é che, nella nostra industria, i concetti originali Kaizen
vanno personalizzati e tagliati su misura (e non solo per renderli più
adatti alla cultura industriale occidentale, ma anche per renderli
efficaci per ogni singola impresa, prendendo in debita considerazione
la specifica cultura d'impresa, ed i suoi valori, strategie, obiettivi,
politiche......).
Come l'appassionato della casa, nel suo processo di miglioramento
"fai-da-te" non trasformerà la sua abitazione seguendo ciecamente ed
acriticamente i consigli od i suggerimenti di una rivista della casa o
di arredamento (dalle quali certamente trarrà spunti ed idee, che
comunque vaglierà con attenzione, ed adatterà ai suoi gusti ed al suo
stile), in modo simile l'impresa che voglia intraprendere un processo
di miglioramento continuo e sistematico, dovrà identificare, definire e
rendere operativo il proprio stile ed approccio al miglioramento,
nonché opportuni metodi ben tagliati su misura per crearsi la propria
strada verso l'eccellenza.
essere innamorati della propria casa
Esiste un ultimo grosso ostacolo, per l'industria d'occidente, al lancio ed attuazione di un programma Kaizen di miglioramento continuo.
E' nella natura dell'approccio Kaizen
che i miglioramenti vengano apportati da persone che lavorano assieme
in gruppo (allo scopo di esaltare i loro sforzi con un effetto di tipo
risonanza), e che utilizzano efficacemente le loro abilità, la loro
esperienza e la loro creatività. Ma, in fondo in fondo, tali persone
debbono essere anche convinte di quel che fanno, e devono avere una
"visione" comune di quelli che saranno gli effetti dei loro sforzi, dei
benefici e vantaggi conseguibili per l'Impresa, e quindi del futuro
stesso dell'Impresa in cui operano. Se questo senso di "congruenza" con
gli obiettivi dell'Impresa è carente, o manca del tutto, solo dei
miglioramenti marginali potranno essere ottenuti.
Chi decide di apportare migliorie alla propria casa é, anzitutto, una
persona che ama la propria casa, ed ha una "visione" di come la sua
casa potrebbe diventare (più bella, o più funzionale, o comunque più
calda ed ospitale.....). Egli ha sensazioni profonde, nella sua mente,
ed emozioni appaganti, tali da generare in lui quella "tensione
creativa" che lo porta ad impegnarsi a fondo nel progetto di
miglioramento..... la persona che ama la propria casa ha un "senso di
appartenenza" ad essa, e la vive come in uno stato di simbiosi..... ed
in ultima analisi, é proprio questa serie di sensazioni e di emozioni
che faranno la differenza tra una abitazione ed un nido, tra una villa
lussuosissima, ma magari un pò fredda, ed una "casa" fatta per essere
vissuta.
In modo simile, nell'industria, il senso di "appartenenza" all'azienda,
od almeno di "comunanza" e "congruenza" con i suoi obiettivi, nonché
una condivisione di "visione", sono pre-requisiti fondamentali per
affrontare con garanzia di successo un percorso di miglioramento stile Kaizen:
idealmente, le persone dovrebbero ben comprendere e condividere gli
obiettivi d'impresa e sentirsi in qualche modo parte di essa....
E questa é senza alcun dubbio la sfida più elevata per l'industria d'occidente.
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Total Productive Maintenance: che cos'é ?
by Carlo Scodanibbio per la rivista della Cyprus Chamber of Commerce and Industry
Immaginatevi una storia del genere.
Al ritorno dal viaggio di nozze, marito e moglie atterrano bruscamente
nella realtà. E la realtà consiste in piccole e grosse cose da fare,
come ad esempio, collegare e mettere in funzione la nuova lavatrice e
la lavastoviglie; e la cucina a gas, ed il forno a microonde; ed il
frigo, l'aspirapolvere, ed il frullino..... il che comporta leggere il
libretto di istruzioni, controllare gli allacci elettrici ed idrici,
capire le istruzioni operative, e, finalmente collaudare ogni
elettrodomestico e metterlo in funzione. Ed a chi tocca tutto ciò ?
Ovviamente al marito, perché, come osserva argutamente la moglie, lui é
"tecnicamente" più "portato". E così il marito diventa di colpo
elettricista, idraulico e tecnico di elettrodomestici: si studia un
malloppo di manuali e libretti istruzioni, si organizza con un minimo
di attrezzi indispensabili, fa i lavori, ed infine, quando ha ben
compreso il funzionamento dell'elettrodomestico, tiene anche un piccolo
corso di addestramento alla moglie sia sul come operare propriamente
ogni apparecchio, sia sul come mantenerlo in buone condizioni.
Su questo ultimo punto, tuttavia, trova della riluttanza: la moglie é
ben disposta a seguire le regole operative ed a rispettare tutte le
norme di sicurezza, ma non tanto a fare le attività di manutenzione.....
Il marito, molto paziente, e soprattutto (ancora) pazzamente in amore
con sua moglie, decide di scendere a compromessi sulla cosa, e concorda
che la moglie baderà solo a fare le operazioni base di pulizia di ogni
elettrodomestico, mentre lui si occuperà di controllare regolarmente lo
stato del filtro della lavatrice, di rimpiazzare il sacco
dell'aspirapolvere quando ci vuole, di controllare l'evaporatore del
frigo, e così via.
E questo non é tutto: ci sono dozzine di quadri da appendere -
lampadari, appliques ed abat-jour da collegare all'impianto elettrico -
lampadine da mettere nella specchiera del bagno - tende e riloghe da
fissare alle pareti - doccia da regolare - televisore e
videoregistratore da programmare e collegare - proiettore per
diapositive da mettere in funzione (per poter vedere le diapositive del
viaggio di nozze) - nonché la poltrona regalata dalla suocera da
piazzare in posizione opportuna in salotto "almeno quando arriva a
visitarci le farà un bell'effetto......" tanto per elencare alcuni
altri compiti che il povero marito deve fare, ed in fretta: ormai,
trascorso qualche giorno dal rientro, il marito passa ogni ora libera
dal lavoro a sistemare le varie pendenze domestiche.
Si può facilmente immaginare la conclusione: nel giro di pochi giorni, il marito si trova ad essere tacitamente nominato "ingegnere casalingo, capo tecnico e factotum domestico", mentre la moglie si é auto promossa (molto meno tacitamente) "operatrice domestica di 1° livello e 1° chef di cucina".....
E mentre gli anni passano, e l'amore diventa meno selvaggio, i due
ruoli si consolidano fino a divenire istituzionalizzati. Il principio "...io faccio andare le cose, tu le ripari...." e l'altro ".....Io utilizzo gli apparecchi, tu li mantieni in buono stato...." diventa sempre più forte.
La moglie é sempre presa in attività dirette ed indirette di tipo
domestico: cucinare, pulire, stirare, ecc. che fa in prima persona, o
con l'aiuto di una domestica (comunque sotto il suo stretto controllo).
Il marito, che nel frattempo si é organizzato con una piccola officina
in garage, equipaggiata con i necessari attrezzi a mano ed elettrici, e
ben fornita di ricambi e materiali di consumo (lampade, fusibili,
chiodi, viti, vernici, ecc.), é sempre piuttosto impegnato in attività
di manutenzione (cambiar lampade, controllare, aggiustare, cambiar
guarnizioni dei rubinetti, pitturare, verniciare, rimettere a nuovo,
modificare, ingrassare cardini cigolanti...... e riparare, rimettere in
sesto, metter chiodi e viti, sistemare la tiranteria delle
tende...........).
Tuttavia, di tanto in tanto, trovano anche il tempo di ridare
un'occhiata alle diapositive della luna di miele, e ripensare a quei
giorni di gloria........
Sorprendente ? Direi proprio di no, anzi, molto comune ovunque.
Sicuramente la percentuale di casalinghe capaci di maneggiare martello
e giravite (oltre che utensili di cucina) e, soprattutto, motivate a
farlo é molto bassa (anche se in crescita, sembrerebbe).
Perché é così ? Cosa dà origine a questo fenomeno ?
Considerando che un simile fenomeno, ma molto più su larga scala, é
presente nell'industria da molti decenni, riusciamo a trovare un comune
denominatore.
Nell'industria, la separazione dei ruoli tra "produzione" e
"manutenzione/servizi tecnici" é istituzionalizzata da parecchi
decenni: la distinzione tra le due funzioni é ben netta, con ancora
poche eccezioni su scala mondiale. Gli scopi, i compiti, le attività e
le responsabilità pertinenti alle due funzioni sono generalmente ben
codificati e strutturati: la funzione o reparto produttivo si prende
cura di produrre prodotti o servizi (beni e merci nell'industria
manifatturiera - oggetti di progetto, come nella cantieristica e
nell'industria "per progetto" - servizi, come in banche, ospedali o
società assicurative); la funzione o reparto manutenzione/servizi
tecnici si prende cura di rendere disponibili, di installare, di
mantenere in buone condizioni, ed in generale di "accudire" ad
impianti, macchine, attrezzature, tecnologia, sistemi informativi, ecc.
necessari alla funzione produttiva per produrre.
Gli obiettivi del personale appartenente ai due reparti sono
complementari, ma ben distinti: il personale di produzione ha come
obiettivo primario di produrre - il personale della manutenzione e
servizi tecnici ha come obiettivo primario di assicurare che tutti i
servizi e gli impianti necessari alla produzione per produrre siano
disponibili ed efficienti.
Questa separazione di ruoli ed obiettivi ha contribuito ad originare,
nel corso dei decenni, una mentalità piuttosto negativa oltre che ben
diffusa, che si può sommariamente descrivere con il ben noto approccio "...io opero le macchine, tu le ripari e le mantieni...."
con conseguenze spesso catastrofiche per l'industria: carenza od
assenza di responsabilità "globali", fenomeni di scaricabarile, abuso
od uso improprio di impianti e macchine, ed, in generale, inefficienza
di varia portata ed a vari livelli.
Oggi riusciamo ad identificare chiaramente le radici profonde di questa mentalità nella così detta Prima Rivoluzione Industriale,
inizializzata da Adam Smith oltre due secolo or sono con i suoi
principii di separazione e frammentazione del lavoro. Secondo Smith, il
lavoro é molto più efficiente quando é spezzettato in attività semplici
ed elementari effettuate da persone diverse, ciascuna addetta ad un
"frammento" dell'intero lavoro, nel quale può "specializzarsi". Questi
principii hanno costruito l'industria come la conosciamo ancor oggi:
con funzioni, reparti, ed attività, compiti, ruoli e responsabilità
separate e distinte. Tali principii sono stati applicati anche alle due
funzioni in argomento (quella di produzione e quella di manutenzione),
che sono state strutturate in tal guisa, e perfezionate nel corso degli
anni come due entità distinte.
Da notare che troviamo ancor oggi riflessi dei principii di Smith in
molte attività organizzate, siano esse di tipo industriale,
commerciale, od anche sociale: dall'Ufficio Postale al parrucchiere,
dal circolo ricreativo al nucleo familiare (come nella nostra storia
della separazione dei compiti tra moglie e marito).
Tali principii, adeguati ed addirittura eccellenti per lungo tempo,
hanno catalizzato positivamente la prima rivoluzione industriale di cui
stiamo assistendo alla fase conclusiva oggidì, ma non sembrano i più
opportuni per competere ed eccellere in un mondo che cambia
rapidamente, e certamente molto più complesso che non quello di uno o
due secoli or sono. E mentre si può essere certi che molti settori, e
non solo industriali, saranno ancora organizzati per anni a venire
secondo i principii di Smith, molti altri stanno già cambiando stile ed
entrando nella così detta Seconda Rivoluzione Industriale.
Parecchie Imprese Manifatturiere (le cosidette "World Class
Manufacturers") come pure parecchie Imprese di livello World Class
nell'industria dei servizi (banche, compagnie di assicurazioni, gruppi
alberghieri e di ristorazione, e sviluppatori di software, tanto per
nominarne alcune), stanno adottando principii del tutto opposti a
quelli di Smith, e sono occupate a ricomporre i loro processi,
precedentemente "frammentati", assegnando interi processi e
sub-processi a personale multi-funzione e multi-capacità. Tali imprese
danno nuove sfide e nuove, ben ampie responsabilità alle persone, che
ora effettuano, individualmente od in team, grossi "bocconi" di lavoro,
focalizzate non sulla funzione o sul compito, ma bensì sui risultati di
processo. Il mondo cambia ancora, quindi, e va questa volta in
direzione totalmente opposta alla filosofia di Adam Smith.
E qualcosa di questo tipo sta prendendo piede, tra le industrie
manifatturiere World Class, anche per quanto concerne i loro reparti
produzione e manutenzione. Lo strappo tra le due funzioni, così netto
per molti decenni, ora viene ricucito. Il vecchio adagio ".....io opero, tu ripari e mantieni....", viene gradualmente rimpiazzato da un altro: "....siamo tutti responsabili delle nostre macchine ed impianti, e del valore che essi contribuiscono a generare....".
Questo implica, tanto per cominciare, una nuova visione delle due
funzioni, che adesso vengono viste "integrate", interconnesse, riunite,
e aventi obiettivi comuni. Gli addetti alla produzione ora hanno
compiti molto più ampi e versatili: non solo operano le macchine, ma si
occupano anche di attività base di manutenzione, come la pulizia, la
lubrificazione, nonché di piccole riparazioni e messe a punto, tutte
attività che prima competevano al reparto manutenzione. Ben formati ed
addestrati, ed inoltre più esperti proprio per la manutenzione che
effettuano, essi imparano a conoscere sempre meglio le macchine: ne
capiscono i principi di funzionamento fino a diventare a poco a poco
"sensori umani", capaci di individuare segnali anche deboli di anomalia
di funzionamento, contribuendo così, con la loro tempestiva notifica, a
prevenire deterioramento e possibilità di guasto. Inoltre, proprio
perché conoscono meglio le macchine, gli operatori possono contribuire
efficacemente a risolvere problemi di scarsa resa o di difettosità di
prodotto causata dalle macchine, e persino a migliorarne il rendimento.
Al personale della manutenzione, d'altro canto, compete ora il compito
primario di addestrare gli operatori macchina e di trasformarli in
buoni conoscitori delle macchine medesime, oltre al ruolo base di
collaborare con gli addetti alla produzione per migliorare le
prestazioni di macchine ed impianti sulla base dei principi dell'ETI (Efficacia Totale degli Impianti)
e di alcune, moderne tecniche che si sommano alla manutenzione
preventiva tradizionale per massimizzare il rendimento globale delle
macchine. Esempi di tali tecniche sono: la "Manutenzione Predittiva" e
la "Prevenzione e Razionalizzazione della Manutenzione".
Il risultato globale di questo nuovo approccio é ben descritto dal nome
della disciplina che si occupa di Gestione Impianti nella Seconda
Rivoluzione Industriale, e cioè la TPM - Total Productive Maintenance
(Manutenzione Produttiva Totale). Ove l'aggettivo totale si riferisce
ai due concetti di Responsabilità Totale (di Macchine ed Impianti) e di
Efficacia Totale (dei medesimi): la prima grazie al nuovo stile di
collaborazione e di integrazione tra i due reparti produzione e
manutenzione; e la seconda conseguita attraverso l'impegno congiunto
delle due funzioni, teso ad eliminare tutte le grosse perdite delle
macchine (guasti, microfermate, velocità ridotta, difettosità di
prodotto, scarsa resa all'avvio, e set-up/riattrezzaggi).
La TPM mira ad elevatissimi livelli di performance di Impianti e
Macchine (ed, in generale, della Tecnologia, compresa quella
informatica); ad elevati targets di sicurezza ed igiene del lavoro; e,
in senso lato, ad elevati livelli di performance di "persone e
macchine" o di "persone accanto alle macchine", assegnando alle persone
compiti nuovi, più ampi e più ricchi di sfide, e contribuendo a
garantire loro notevoli livelli di soddisfazione sul lavoro.
Come dire che, secondo i canoni della TPM, la nostra neo-sposina
dovrebbe essere più "vicina" ai suoi elettrodomestici, più a conoscenza
dei loro principi di funzionamento, e capace non solo di maneggiarli ed
operarli, ma anche di eseguire alcune attività base di manutenzione,
nonché di comprendere ben in tempo segnali di deterioramento e di mal
funzionamento, prima che le cose diventino gravi...... ed inoltre
capace di oliare cardini cigolanti e di riparare rubinetti che perdono.
Sogno o realtà ? La TPM si sta espandendo rapidamente in tutto
il mondo. Riuscirà ad influenzare anche la mentalità delle casalinghe ?
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Il Controllo del Tempo
Ho dedicato uno scritto a quanti, come me, hanno come risorsa fondamentale il tempo.
Se vuoi leggerne alcuni estratti, fai click qui
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| Copyright © 1997/2007 Carlo Scodanibbio - Tutti i diritti riservati | Ultima modifica: /02/2006 |
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